Il termine budò è composto dagli ideogrammi kanji bu e do, che si possono tradurre come "Via che conduce alla cessazione della guerra attraverso il disarmo" oppure "Via che conduce alla pace". Infatti l'ideogramma "bu" è internamente composto dai due ideogrammi, hoko e tomeru che nella lingua giapponese significano: hoko : lancia, alabarda tomeru : fermare, arrestare, lasciare, cessare Da cui bu nella lingua e nello spirito della tradizione giapponese, significa letteralmente "fermare, arrestare, lasciare le lance". L'ideogramma dō significa letteralmente "ciò che conduce" nel senso di "disciplina" vista come "percorso", "via", "cammino", non in senso fisico ma piuttosto etico e morale. Uscendo dal significato strettamente letterale, il termine "lance" assume il significato più ampio di "armi" e quindi quello traslato di "guerra" o "combattimento", mentre il termine "fermare" assume il significato traslato di "cessare". Nella concezione della tradizione marziale giapponese, quindi, il significato del termine bu implica quello di "abbandono delle armi" e quindi di "disarmo" e non di "guerra". L'aspirazione etica e sociale del budō Il concetto che tale termine vuole esprimere è dunque quello di realizzare, attraverso la pratica di una disciplina marziale molto particolare fondata sul "principio di non-resistenza", l'elevata aspirazione del budō consistente nella cessazione del combattimento e quindi delle ostilità mediante una condizione di disarmo dell'avversario e di sé stessi. « Le arti marziali giapponesi sono state tramandate fino ad oggi mantenendo inalterata la loro caratteristica principale, che risiede nel fine ultimo di far progredire lo spirito, attraverso il rafforzamento fisico del corpo e l'apprendimento della tecnica. Di conseguenza, l'approccio con l'avversario deve essere dettato non da ostilità, ma piuttosto da un senso di rispetto e di gratitudine: a conclusione di un combattimento in cui ognuno ha dato prova delle proprie capacità senza risparmiarsi, nasce spontaneo il desiderio di un ringraziamento che riconosca all'avversario tutto il suo valore. Ecco dunque che, infine, si può aspiarare alla costruzione di una società pacifica in cui valorizzare se stessi e gli altri. » (Masajūrō Shiokawa, Presidente della Fondazione Nippon Budōkan, 2005) Il termine segue l'evoluzione che il concetto di "arte marziale" ha subito nella cultura giapponese attraverso il tempo, passando dall'originale concetto del bujutsu a quello attuale del budō. Da notare come comunque l'evoluzione consista principalmente nella trasformazione da jutsu "arte") a dō "via"). Il bujutsu era l'apprendimento di diverse tecniche marziali che consentivano di vincere il nemico in battaglia, difendersi dalle aggressioni, offrire i propri servigi ad una signore ed aumentare il proprio potere personale. Le armi usate erano molto varie: spada, arco, lancia, bastone, catena, coltello fino ad oggetti apparentemente innocui come il ventaglio o la pipa. Quando il bujutsu assume come fine non più la tecnica ma l'educazione etica e morale, esso diventa la via da perseguire per la formazione di uomini di valore, e si parla quindi di budō. In Giappone questa rielaborazione della tradizione militare feudale avvenne principalmente dopo la Restaurazione Meiji, fino a tutta la prima metà del XX secolo. La concezione tecnica e spirituale coesistevano già in epoca feudale anche se a prevalere era l'abilità tecnica che rappresentava l'unico strumento di sopravvivenza ai veri combattimenti del tempo. In epoca moderna la necessità di difendere la propria vita in duello non ha più motivo di esistere e quindi l'attenzione si rivolge ai principî etici e alla tradizione che caratterizzano appunto il budō. Statuto del Budō Lo Statuto del Budō budō kenshō) è un documento approvato il 23 aprile 1987 dal Nippon Budō Kyūgikai che esplica sinteticamente lo spirito del budō tradizionale ad uso delle popolazioni occidentali. - Obiettivo. Il budō si pone come obiettivo di coltivare il carattere, migliorare la capacità di giudizio e formare individui di valore, attraverso l'addestramento di mente e corpo con le tecniche marziali.
- Pratica. Durante la pratica bisogna sempre rispettare l'etichetta reihō), osservare i principî fondamentali ed allenare mente, tecnica, e corpo come un tutt'uno, senza perseguire mere abilità tecniche.
- Competizione. In occasione di competizioni o esibizioni di kata, si metterà in mostra con il massimo impegno lo spirito del budō appreso nel lungo addestramento e, al contempo, si manterrà sempre un atteggiamento misurato, senza arroganza in caso di vittoria né rimpianto in caso di sconfitta.
- Dojo. Il dōjō è il luogo in cui si addestrano la mente e il corpo. Vi si rispettano la disciplina e l'etichetta, si osservano i principî di silenzio, pulizia e sicurezza, ci si impegna a mantenere la solennità dell'ambiente.
- Insegnamento. L'istruttore dovrà sempre sforzarsi di forgiare i caratteri, impegnarsi ad addestrare mente e corpo, continuare ad approfondire le conoscenze tecniche, non consentire che l'attenzione si focalizzi su vittorie e sconfitte o sulla tecnica, e soprattutto mantenere un comportamento adeguato al ruolo di modello, che egli ricopre.
- Diffusione. Quando si promuove il budō bisogna valorizzarne i principî tradizionali, contribuire alla ricerca ed al consolidamento della didattica, ponendosi in un'ottica internazionale, e contemporaneamente impegnarsi per il suo sviluppo.
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